L'ordinamento speciale in concreto è ravvisabile, quale concetto iniziale, nell'art. 9, cap. 1, della Legge 889 del 1931, che previde specializzazioni per la sezione agraria dell'Istituto tecnico; un successivo D.L. del 1938 n. 2038, specificava come nella istituzione di scuole aventi finalità ed ordinamenti speciali si poteva provvedere mediante Decreti Legge promossi dal Ministro della P.I. di concerto con quelli di altri Dicasteri eventualmente interessati.
Che gli Istituti Tecnici Agrari (e per quelli industriali) la Legge prevedesse norma speciali è derivabile da una serie di altre disposizioni, quale ad esempio quella, contenuta nella stessa 889 recante specifiche condizioni per le iscrizioni alle classi successive alla prima escludendo possibilità di accesso a coloro che non possedevano la promozione alla classe precedente, impedendo cioè esami di idoneità e quindi l'iscrizione di candidati privatisti.
Con il D.P.R. n. 967 del 19.02.1956, l'ordinamento speciale si sostanziò nella creazione di un apposito corso di studi, di durata sessennale, destinato a formare periti agrari con specializzazione in viticoltura ed enologia, spesso identificati come enotecnici.
Tale corso di studi si connotava per aspetti particolari che, a parte la durata, lo rendevano specifico: non vi si poteva accedere tramite idoneità, non era possibile conseguire il titolo da privatista, occorreva seguire i corsi senza superare un determinato numero di assenze.
A partire dagli anni settanta molti di tali aspetti vennero disinvoltamente modificati, sicché la specificità cominciò ad assumere un significato solo nominalistico, venendo meno tutte quelle caratteristiche che avevano fatto del perito agrario specializzato un tecnico molto considerato sull'apposito mercato delle professioni.
L'organizzazione degli Istituti Tecnici Agrari venne mutuata nel 1928 dalle esperienze realizzate in circa quaranta anni da quelle scuole che, auspicava Francesco De Sanctis, avevano operato alle dipendenze dell'allora Ministero dell'Agricoltura, Industrie e Commercio.
Ricollegandosi forse proprio alla proposta Cordova, il De Sanctis aveva ravvisato la necessità di considerare le scuole di agricoltura come scuole speciali; e come tali furono individuate, per il loro funzionamento, dalle circolari Cairoli e Miceli del 1879/80, successivamente riassunte nella Legge 3141 del 6.6.1985.
Il perché di un particolare ordinamento, che aveva fin d'allora previsto una completa autonomia amministrativa, era da attribuirsi alla particolare complessità di tali scuole, fornite di Convitto, di aziende con strutture complesse, con animali, con industrie di trasformazione, con laboratori che operavano anche per conto terzi, con reparti di sperimentazione dai quali vennero fuori non pochi orientamenti per lo sviluppo delle attività agricole nominali.
Tali aziende, ed è questo un motivo da sottolineare con forza, non erano modellini su cui realizzare piccole esercitazioni esemplificative, ma realtà funzionanti attraverso la cui conduzione ed il relativo esercizio gli allievi, soprattutto quelli dei corsi superiori, realizzavano esperienze non manuali, ma di direzione, di gestione, di osservazione e riflessione critica. Erano quindi gli Istituti Agrari i soli a possedere tali caratteristiche, in conseguenza delle quali l'impegno annuo durava 365 giorni, giorno e notte senza né ferie, né vigilie, né abbandoni occasionali. Erano - e sono - i soli per la cui gestione il capo di Istituto è pienamente responsabile della conduzione tecnico-contabile ed amministrativa delle Aziende, con collaboratori che lo aiutano, che ne sono il braccio, che operano in tanti reparti, ma che non possono, sotto il profilo delle responsabilità di qualsiasi tipo, sostituirlo.
Si tratta di aziende estese in qualche caso per decine ed anche centinaia di ettari, con decine di capi bovini, a volte centinaia di piccoli animali, la cui complessità è dimostrata anche dal livello delle quote latte superate, in diversi Istituti per cinquanta milioni.
A tale ordinamento particolare e diverso gli Istituti - tecnici o professionali che siano - non possono rinunciare, pena un rapido decadimento, con perdita di capacità formativa e di valenza tecnica.
Le forze attive in agricoltura si aggirano intorno al 5% delle forze di lavoro totale, quelle del terziario oscillano interno al 50%. Perché un Istituto Agrario debba avere lo stesso numero di allievi di un I.T.C. è perciò un fatto poco logico.
Che si pretenda, come capita per gli Istituti Professionali, che una sola sede abbia più di 300 allievi significa che si ha una visione militar-numerica delle necessità del territorio; e che le scuole coordinate di tali Istituti debbano servire per "ingrandire" numericamente licei ed istituti magistrali è segno unicamente di concezione strumentale e compiacente del compito istituzionale affidato a dette entità.
Occorre pertanto prevedere, per porre rimedio a tante "stranezze":
- che ogni Istituto professionale venga considerato insieme inscindibile di sede centrale e scuola coordinata;
- che gli Istituti del settore, allorquando sono unici in una Provincia od in un territorio assai vasto, debbano mantenere una completa autonomia ed una precisa entità.
È necessario altresì ribadire:
- che le Amministrazioni provinciali debbano farsi carico di fornire aziende con un minimo d organizzazione e non solo pezzi di terreno;
- che, nell'ambito della varata autonomia, l'ordinamento speciale dovrebbe consentire un reale adattamento del calendario scolastico alle vicende delle operazioni colturali;
- che gli addetti alle aziende siano realmente competenti e non siano prelevati da generiche graduatorie nelle quali sono stati inseriti senza alcuna dimostrata capacità.
da CERERE - Rassegna di problemi tecnici e didattici per l'indirizzo agrario dell'Istruzione Secondaria Quadrimestrale - Anno XII N. 27 Gennaio - Aprile 1999 - ITAS "Basile - Caramia" LOCOROTONDO (BA)